Periodico di attualità, politica e cultura meridionalista

martedì 21 agosto 2012

Emergenza rifiuti, Palermo tra fiamme e dossina


PALERMO – Notte di fuoco e non è solo colpa di Lucifero. Quello che sta avvenendo non dipende dal caldo africano che si sta abbattendo sulla penisola ma per via dell’emergenza rifiuti che è esplosa con violenza dopo la chiusura della discarica di Bellolampo che serve la città. In attesa della riapertura, che dovrebbe avvenire entro la prossima settimana, i sacchetti continuano ad accumularsi nelle strade e la popolazione esasperata per la puzza e il caldo torrido, ha cominciato a dare alle fiamme sempre più cassonetti. Ad essere colpiti sono soprattutto i quartieri Bonagia e Falsomiele mentre i carabinieri stanno effettuando controlli a tappeto sugli allevamenti che sorgono nelle aree circostanti la discarica, in particolare a Torre Ingastone e alla Torretta, dove le prime analisi hanno dimostrato che il valore della diossina contenuto nel latte munto dagli animali è tre volte superiore alla norma. Una situazione che rischia di danneggiare un settore vitale per la provincia e causare una emergenza sanitaria di proporzioni ancora mai verificatasi.

red. cro.

Regionali Sicilia, si profila lo scontro Musumeci - Crocetta (con fantasma)

 Rosario Crocetta
Nello Musumeci

PALERMO – C’è molta confusione sotto il cielo. Per ora l’unica candidatura certa è quella di Claudio Fava per contro di Sinistra e Libertà. Gianfranco Miccichè pareva pronto alla discesa in campo per tanti anni sognata ma proprio nelle scorse ore ha deciso di proporre la candidatura a Governatore di Nello Musumeci. Musumeci è già noto alla politica per il caos delle elezioni politiche del 2006. All’epoca Musumeci era stato cacciato da Alleanza Nazionale su ordine di Gianfranco Fini. Fece un suo movimento che presentò una lista alla Camera dei deputati nella sola sicilia. Raccolse più di 30mila voti. La differenza che aveva portato Prodi ha conquistare la Camera era di poco meno di 15mila voti. Se su Musumeci non avesse pesato il veto di Fini il centrodestra nel 2006 avrebbe vinto di oltre 15mila voti alla Camera e la storia politica degli ultimi anni sarebbe stata diversa. Tant’è che Musumeci cantò vittoria proprio presso il grande sconfitto, Berlusconi, che da allora lo considera l’uomo forte del centrodestra siciliano. Oggi leader de la Destra di Storace, Musumeci potrebbe “accontentare” Miccichè e far convergere su di sé il consenso del Pdl che attualmente brancola nel buio. I papabili che stanno facendo strabuzzare gli occhi ad Alfano sono almeno tre. Il primo è l’eterna promessa della politica siciliana, il Presidente dell’Assemblea Regionale Francesco Cascio che era già considerato un ottimo candidato Sindaco di Palermo. Il secondo nome che circola nel Pdl è quello del Rettore dell’Università di Palermo Roberto Lagalla. Terzo, ma ormai considerato fuori dai giochi è il Presidente della Provincia di Catania Giuseppe Castiglione. Probabilmente Berlusconi porterà il Pdl a sostegno di Musumeci o Alfano farà la sintesi trovando un quarto candidato che scontenterà tutti. Il Partito Democratico è pronto a governare con l’Udc. I due partiti hanno ormai scelto di candidare l’ex Sindaco di Gela, Rosario Crocetta. Pur di vincere il cattolicissimo scudocrociato Casini è passato sopra le tendenze sessuali di Crocetta, omosessuale dichiarato che, nel corso di una intervista alla trasmissione radiofonica Klauscondicio ha affermato che, in caso di vittoria, rinuncerà al sesso per evitare di fare la fine di Berlusconi. La promessa castità piace all’Udc che ha dato il suo consenso all’alleanza e che potrebbe tirare dentro anche Futuro e Libertà. L’ex fascista Gianfranco Fini, pur di sopravvivere, ormai si allea con piacere ai nipotini promiscui di Botteghe Oscure e Piazza del Gesù, acerrimi nemici dei missini dell’epoca di Fini. A confermarlo è stato Italo Bocchino che barcolla tra l’asse Pd-Udc e quello del (fu) terzo polo Movimento per la Sicilia e Alleanza per l’Italia. Sicuramente il primo più promettente. Su tutto regna un’ombra nera: quella dell’ex Governatore Raffaele Lombardo che negli ultimi quattro anni ha avuto modo di governare e creare un apparato di controllo politico e amministrativo senza precedenti. Così, scavando dietro i nomi dei candidati a Palazzo dei Normanni scopri che dietro Rosario Crocetta ci sono due grandi elettori che di nome fanno Beppe Lumia e Antonello Cracolici, fautori del Pd pro Lombardo negli ultimi anni. Lo spirito Lombardorum aleggia però anche in casa Pdl dove ipoteca l’animo di Cascio, suo sostenitore da Presidente dell’Ars e dove mina la stabilità delle candidature di Musumeci e Castiglione. Musumeci è favorito nei sondaggi ma, come Castiglione, è catanese d.o.c., proprio come Lombardo. Riusciranno gli altri siciliani a ingoiare il rospo di un catanese, ancora alla guida del Governo Siciliano dopo la drammatica esperienza Lombardiana? Peserà anche il fattore “provincialistico” nella corsa alla Regione ma maggiormente significativo sarà vedere l’astensione che alle recenti amministrative l’ha fatta da padrona e ha inciso, non poco sui risultati elettorali.

PAOLO LUNA

Tentano la fuga dal centro di accoglienza, caos a Ragusa




RAGUSA – Un carabiniere e un poliziotto feriti, distrutti impianti di videosorveglianza, computer e altro materiale informatico. Questo il bilancio del tentativo di fuga dal centro di accoglienza di Pozzallo di 14 immigrati tunisini finiti in manette e accusati di resistenza e violenza contro le Forze dell’Ordine. I 14 immigrati erano sbarcati alcune settimane fa a Lampedusa dove già si vede l’alba di una nuova emergenza. Il tentativo di fuga è rientrato ma il rischio è quello di una ripresa degli sbarchi che rischia di aumentare alle stelle le tensioni accumulate negli ultimi due anni in Sicilia.

red. cro.

Una nave, un'armatura e una statua, i tesori di Capo Zeffirio


COSENZA – Un leone in bronzo ed una armatura in bronzo e rame. Questi i reperti che il mare Ionio ha restituito e che sono stati scoperti da tre sub calabresi. Il nucleo Patrimonio Artistico di Cosenza, guidato dal capitano Raffaele Giovinazzo, è già arrivato ad Africo per incontrare i sub che sono chiamati a ricostruire l’accaduto. Il ritrovamento potrebbe essere di importanza storica ma per stabilirlo i Carabinieri avvieranno tutte le verifiche del caso ed esperti studieranno i reperti ritrovati al largo di Capo Zeffirio. Della vicenda si occupa anche la Soprintendente ai Beni Archeologici della Calabria Simonetta Bonomi, ufficio a cui spetta la vigilanza e la conservazione dei beni ritrovati in Calabria. Ma la scoperta potrebbe costare cara ai tre sub che non hanno denunciato il ritrovamento entro le 24 ore previste dalla legge. I carabinieri dovranno capire se la mancata denuncia è dovuta a fini poco leciti o a semplice mancanza. Senza considerare che il leone e l’armatura potrebbero essere solo la punta dell’iceberg di un patrimonio archeologico ben più consistente. Una nave intera ed una statua sarebbero conservati al largo di Capo Bruzzano, carico affondato dopo aver urtato contro gli scogli secondo la prima ricostruzione dei sub. Tutta la Calabria è in attesa di conoscere se ci si trova di fronte ad una nuova scoperta paragonabile a quella avvenuta, 40 anni prima, a Riace quando emersero dalle acque i famosi bronzi.

red. cul.

Economia, gli imprenditori del Sud i più a disagio (ma falliscono meno)


NAPOLI – Il rapporto sul “disagio” degli imprenditori stilato dalla Fondazione Impresa traccia un quadro molto chiaro del divario Nord – Sud. Particolarmente disagiate la Campania e la Basilicata che sono ai vertici di questa classifica del disagio. Nonostante la vita dell’imprenditore meridionale sia più dura e difficile i dati indicano che su 10mila aziende hanno chiuso solo 7 aziende in Basilicato a fronte delle 31 della Lombardia. Quindi il disagio non si trasforma necessariamente in fallimento. Al terzo posto, nella classifica del disagio avvertito dagli imprenditori, le Marche e poi ancora Sud con Calabria e Sicilia. Ma l’indagine della Fondazione Impresa è riuscita anche a tracciare un quadro preciso delle aziende più incerte. Si tratta di quelle di nuova costituzione (con meno di cinque anni di vita) e di quelle piccole (con meno di 5 dipendenti soprattutto). Dopo di questi i titolari più preoccupati sono quelli che, negli ultimi anni, hanno fatto la scelta di innovare nonostante la crisi sempre più incombente. Più tranquilli gli imprenditori del Trentino, del Piemonte, dell’Emilia Romagna e del Veneto. Tra gli altri settori analizzati quello della comunicazione a banda larga (dove le peggiori regioni sono Marche e Basilicata), la densità ferroviaria (le reti meno sviluppate in Trentino, Basilicata, Umbria, Abruzzo, Puglia e Molise) e quella autostradale (ai vertici negativi la Sardegna e la Basilicata).

red. eco.

Truffa ai distributori, carabinieri in azione


TERAMO – Quando non basta il prezzo in aumento della benzina ci si mette anche la disonestà di alcuni gestori che, pensando di fare i furbi e scamparla, ritoccano le pompe di distribuzione. Così una vera e propria truffa ai danni degli automobilisti è stata scoperta dalla guardia di finanza di Teramo dove alcune pompe di benzina erano state manomesse in modo che dai serbatoi uscisse meno benzina di quanto effettivamente era stato richiesto (e pagato!) dagli ignari automobilisti. Le forze dell’ordine sono intervenute e hanno messo i sigilli ai distributori e denunciato per truffa i gestori.

red. cro.

lunedì 20 agosto 2012

L'EDITORIALE/ Monti fa l'ottimista e non vede l'autunno caldo


CASERTA - Monti intravede la fine della crisi. O è un estremo ottimista oppure un inguaribile bugiardo. Propendo per la seconda ipotesi. Il pinocchietto Monti continua a sbandierare a destra e a manca che tutto va bene. Ci ricorda qualcuno. Ci ricorda quel Berlusconi ultima maniera che si faceva in quattro ogni dì per sostenere che la crisi, tutto sommato, non stava toccando gli italiani e che i ristoranti (poveri ristoratori che faranno la felicità di politici ed economisti solo quando chiuderanno per mancanza di clientela!) erano sempre pieni. Monti fa di più, perché all’ottimismo berlusconiano poco adatto ad un tecnico, aggiunge quella punta di dico e poi smentisco che ha fatto la rovina del politico. Così già a marzo e a giugno aveva intravisto la fine della crisi, salvo poi ad aprile e luglio mazzolare ben bene, gli italiani con tasse, gabelle e questionari dell’Agenzia delle Entrate e dell’Equitalia. Il tutto con la scusa del precipizio che si allarga giorno dopo giorno. Circostanza che ci fa credere che questo autunno sarà veramente “caldo” come la Fornero, profetica pur senza lacrime, ha annunciato. Sono almeno tre i fronti che renderanno caldissimo l’autunno. In primo luogo dalla prosecuzione della folle politica del tassa e non spendi che sta uccidendo, quello che resta, delle piccole e medie imprese, le quali costituiscono l’ossatura portante dell’apparato produttivo di questo sgangherato paese. In secondo piano c’è il declino dell’euro e il continuo manifestarsi della inefficienza della burocrazia di Bruxelles. Non ci sono state aperture alla Grecia e alla Spagna, il cui stato comatoso è ormai evidente nonostante tutto l’impegno di Samaras e Rajoy per dimostrare la vitalità eurofila dei due paesi, e la Germania, complici Olanda e Finlandia, ha praticamente mandato a monte la partita del Meccanismo di salvaguardia Europea (Deo gratias), l’unico strumenti che la geniale mente dei grigi di Bruxelles era riuscito a farsi venire in mente per “salvare” gli Stati in difficoltà. L’uscita dalla Grecia dall’euro è tecnicamente possibile. Lo ha detto il responsabile dell’eurogruppo Junker. I giornali finlandesi hanno parlato di un piano già pronto per accompagnare i greci alla porta, stessa cosa che fece la stampa tedesca qualche mese fa. Piani segreti e smentite che non riescono a nascondere la dura realtà dei fatti. Terzo elemento è quello, molto sottovalutato, della fame che avanza nel Sud del mondo. Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha lanciato l’appello alle plutocrazie (poco) democratiche di tutto il mondo, dal Canada alla Cina, dal G8 al G20, tutti insieme per risolvere il problema delle carestie che sta affliggendo i Sud del mondo. A causa delle anomalie temporali, ma soprattutto per via di poco accorte scelte di politiche di sviluppo e di sostegno al cosiddetto Terzo Mondo, sempre più paesi corrono il rischio di ritrovarsi con le coltivazioni distrutte. L’estate 2012 è la più arida degli ultimi dieci anni e i danni rischiano di diventare incalcolabili. Obama ha lanciato l’allarme non per spirito umanitario ma perché gli Stati Uniti sono coinvolti in prima linea nel dramma della carestie. Numerosi stati americani rishciano di vedere annullata la propria capacità produttiva. Questo porterà ad un aumento alle stelle dei beni di prima necessità. Il “Terzo mondo” sarà ancora più povero e affamato e quella migrazione dei popoli, ripresa con il primo sbarco di 400 migranti a Lampedusa, rischia di riprendere con maggiore forza. A queste tre grandi problematiche, e all’incapacità delle classi dirigenti mondiali di risolverle, si aggiungono le previsioni autunnali sui “piccoli problemi”, dalla benzina in aumento alla crisi siriana, dall’Ilva ai conflitti religiosi ed etnici, che contribuiranno a destabilizzare il quadro. Insomma, l’autunno caldo è alle porte, meno male che c’è Monti l’ottimista.

ROBERTO DELLA ROCCA


venerdì 17 agosto 2012

Incendi estivi, Sud all'avanguardia nella prevenzione e nella cooperazione


NAPOLI – Oltre 50 incendi al giorno con punte comprese tra gli 80 e i 100 roghi. Questo il bilancio provvisorio di questa estate 2012 mentre una nuova ondata di caldo dal Marocco sta per investire la penisola italiana. In prima linea, a combattere contro le fiamme, gli uomini dei Vigili del Fuoco e della Guardia Forestale. Lo fanno, molte volte, a rischio della propria vita in condizioni durissime come dimostrato dalla recentissima polemica che si è aperta sui mezzi forniti dal ministero e rivelatisi non idonei a tutelare dal fuoco. Il caso di guanti e caschi a norma ma non sufficienti a salvare la pelle rischia di diventare un vero e proprio problema per il ministero ma, in questi giorni, più che le polemiche conta il grande lavoro che si svolge per salvare migliaia di ettari a rischio. Il problema riguarda anche il Sud dove numerose aree vengono date alle fiamme. Le Regioni più colpite dal fenomeno sono la Sicilia e la Calabria, dove ai turisti distratti, ai fumatori incoscienti e ai piromani si aggiunge la mano della criminalità organizzata. Eppure proprio nel Sud ci sono aree di eccellenza, come ci viene confermato dal calabrese Mario Falbo, oggi alla guida del Comando dei Vigili del Fuoco di Caserta e già vicecomandante regionale a Napoli e a capo del comando di Torino nei mesi delle Olimpiadi invernali. Incontrato durante la nostra inchiesta sul mondo del lavoro, il Comandante ha confermato che la Campania si conferma come modello positivo e come esempio per tutto il paese nella lotta agli incendi grazie alla forte sinergia che si è creata nel tempo tra i comandi provinciali e le istituzioni del territorio. Non solo, dunque, i forti collegamenti tra Guardia Forestale e Vigili del Fuoco ma anche tra questi ultimi e le amministrazioni provinciali e comunali, le Prefetture, le Forze dell’ordine, circostanza che consente una maggiore incisività negli interventi. Un settore, quello della lotta agli incendi, dove il divario Nord – Sud non è percepito. “A differenza di quanto si può pensare tutto il paese è all’avanguardia nella lotta agli incendi rispetto ai vicini europei – dichiara il Comandante Falbo – il forte clima di collaborazione che si è instaurato tra i vari comandi provinciali, campani ed extraregionali, consente di arrivare sui luoghi degli incendi molto più rapidamente e i rapporti con le istituzioni e con le scuole ci permettono di effettuare una campagna di prevenzione che è, forse, più importante della stessa opera di spegnimento”. Proprio quello della prevenzione è uno dei temi fondamentali recentemente tornato alla ribalta a seguito delle denunce di Legambiente. Gli ambientalisti, dopo i numerosi e pericolosi roghi siciliani, hanno denunciato la scarsa opera di lotta ai cattivi costumi e la mancanza di corsi di buon comportamento nei boschi che rendono dolosi la maggior parte degli incendi divampati sull’isola. Il bilancio provvisorio resta però positivo. Nonostante l’alto numero di roghi segnalati il rapido intervento è, fino ad ora, riuscito ad evitare il peggio nella maggior parte dei casi ma bisognerà attendere la fine del mese per i dati definitivi di questa caldissima estate.

PAOLO LUNA

mercoledì 1 agosto 2012

Il ritorno di De Magistris-barricadero. Querela Realfonzo e annuncia la rivoluzione arancione...


NAPOLI – Due annunci shock nel giro di poche ore. Troppo per il primo cittadino di Napoli che ha parlato alla stampa avvisando il suo ex assessore Riccardo Realfonzo e il suo leader Antonio Di Pietro. Al primo l’annuncio di una querela, al secondo un avviso di sfratto. Andiamo per gradi. Riccardo Realfonzo, è stato per diversi mesi assessore al Bilancio nonché amico personale del primo cittadino. Dopo il suo allontanamento dalla carica il silenzio poi, come nella migliore tradizione, i panni sporchi sono stati portati in piazza, in particolare sulle pagine online del Fatto Quotidiano che ha titolato “Populismo e passerelle, così de Magistris ha tradito la rivoluzione arancione”. Troppo per il Sindaco che ha dato mandato ai suoi avvocati di sporgere querela per diffamazione. Cifra richiesta? Un milione di euro. Secondo il Sindaco si tratta di una lunga serie di falsità. Ma cosa ha detto Realfonso. Si è tolto “soltanto” qualche macigno dalle scarpe. Secondo il suo ex amico assessore Re Luigi si è dedicato soltanto ai grandi eventi e ha rinunciato a risolvere i veri problemi della città, quelli che avevano spinto la maggioranza dei napoletani ad eleggerlo. Ma non è solo una questione di rivoluzione tradita. Il problema è ben più grave visto che Realfonzo gestiva un settore, di questi tempi, delicatissimo, quello del Bilancio. La ricetta dell’assessore discordava da quella del Sindaco e, questo, fin da subito. Per Realfonzo bisognava dichiarare subito dissesto o avviare una politica di ferrea austerità. De Magistris non ha voluto il dissesto ma, per l’amico di un tempo, non ha voluto applicare le norme di austerità necessari. Tra i provvedimenti boicottati o bocciati da De Magistris, secondo Realfonzo, la richiesta di una task force anti evasione, la ristrutturazione degli uffici comunali e la dismissione delle società partecipate fonte di sprechi e disservizi. Un dibattito serrato che si è presto trasformato in una dura lotta che è andata avanti fino a che il Sindaco non ha sfiduciato il suo assessore, cacciandolo dalla Giunta. Dopo l’intervista la querela con una precisazione decisa da parte di De Magistris. “E tutto falso, se fosse vero come mai Realfonzo ha aspettato il licenziamento invece di andarsene e denunciare tutto il mal governo di Napoli?”. Una domanda a cui Realfonzo avrà modo di rispondere nel tempo in cui si dibatterà della causa di diffamazione. Nel frattempo, profittando della situazione, De Magistris ha messo in guardia Giuseppe Narducci, altro assessore fuoriuscito recentemente. Il primo cittadino ha sostenuto che Narducci ha lasciato spontaneamente e non per sfiducia del Sindaco. Una precisazione che sa tanto come di avviso a non esagerare con le dichiarazioni sulla stampa. Come se non bastasse, a distanza di poche ore, il secondo annuncio importante, quello diretto al suo leader. Le liste arancioni si faranno, una in ogni città d’Italia, questo l’intento del primo cittadino di Napoli. Lo ha riferito in una lunga intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno dove ha parlato di tutti i principali problemi della città. Il movimento arancione si farà per evitare l’esplosione della rabbia popolare nel prossimo autunno che il Sindaco prevede sarà “caldo”. Una eventualità che non è da escludere ma sarà difficile che il movimento arancione potrà “evitare” la rivoluzione o le rivolte che saranno causate dagli ultimi anni di malgoverno di questo paese. Senza considerare il problema del collocamento politico della lista. Antonio Di Pietro, patron dell’Italia dei Valori, è stato, proprio in queste ore, abbandonato dall’alleato in pectore Nichi Vendola che gli ha preferito l’Udc di Casini. Adesso il suo principale competitor interno annuncia la nascita di un proprio movimento, senza considerare che potrebbe trovare il sostegno di altri Sindaci, primo tra tutti il rieletto Leoluca Orlando di Palermo. Una mossa che Di Pietro deve tenere sotto controllo. Il movimento arancione non potrà spaccare in due l’Idv altrimenti Di Pietro rischia di restare fuori dai giochi. A questo punto bisognerà vedere se De Magistris si accontenterà di fondare un movimento per le amministrative e aggregare i suoi sostenitori sotto il gabbiano dell’Idv. Sul punto il Sindaco non ha chiarito e sicuramente su questo ci sarà battaglia prima del caldo autunno che ci aspetta.

FAUSTO DI LORENZO

L'EDITORIALE/ L'Ilva, quando la lotta è dura. Ma non contro il padrone


TARANTO - L'Ilva è il centro siderurgico ex-Italsider, di proprietà del Gruppo Riva, leader del settore in Italia, e quarto in Europa. Come si sa, la presenza dell'Ilva, che è nata all'inizio del novecento, ha reso Taranto una delle città più inquinate d'Europa. “Meglio morire, forse, di tumore che sicuramente di fame” è probabilmente ciò che si son detti gli 8mila operai dell'Ilva di Taranto che hanno manifestato contro il sequestro disposto dal Gip Patrizia Todisco. La chiusura dell'area a caldo interesserebbe, infatti, contando l'indotto, 20mila famiglie. Ma torniamo indietro di qualche giorno: il 26 Luglio, mentre si teneva a Roma, presso il Ministero dell'Ambiente, un vertice che stabiliva una Road Map per un risanamento dell'Ilva che non incidesse sulla produzione, viene disposto dal Gip Todisco il sequestro degli impianti, poiché, secondo le indagini epidemiologiche, l'Ilva causerebbe «malattia e morte». Contestualmente, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini dichiarava al Sole24Ore in un’intervista che il giudizio sui rischi connessi all'Ilva andava “attualizzato”. La strada intrapresa dal Governo per quanto riguarda la questione dell'Ilva è stata sempre all'insegna della prudenza: chiudere l'area a caldo di Taranto significa bloccare l'intero stabilimento e conseguentemente anche gli altri, e cioè quelli di Genova, Novi Ligure, Patrica e Racconigi. È facile dunque capire perché la decisione del Gip abbia dato il via alle grandi proteste che continuano in questi giorni. Ma ci sono delle domande che sorgono naturali quando si esaminano le posizioni dei sindacati di categoria: riassumendo, i sindacati (unitariamente) polemizzano perché viene fermata la produzione. Ecco qui la tanto vecchia quanto irrisolta domanda: “Il sindacato deve tutelare il lavoratore o il posto di lavoro?”. Alla domanda è importante rispondere, perché se la risposta è la prima, allora non ci si spiega perché non abbiano in passato protestato per ciò che i lavoratori, e non solo loro, hanno subìto dall'Ilva: sarebbe a dire l'inquinamento che ha portato un eccesso di mortalità della popolazione tarantina ed un'elevata incidenza di patologie croniche. Ma il fatto è che i sindacati preferiscono salvaguardare il posto di lavoro: nel comunicato unitario (firmato da Fiom, Fim e Uilm) vi è un ringraziamento alla dirigenza dell'Ilva e si auspica che il Tribunale del Riesame garantisca l'operatività degli impianti. E poi ancora: “E' giusto prendersela con le Istituzioni e non con i diretti responsabili, ovvero i dirigenti dell'Ilva?”. Qui la risposta pare sospesa. Per Maurizio Landini, segretario generale della Fiom/Cgil: “non è vero che cessando le attività si bonificano e si risanano i ceti produttivi” e ancora “vogliamo fare la cosa più difficile cosa che ci sia da fare in questo momento: ovvero continuare le attività per bonificare e risanare anche le aree”. Viene da chiedersi se questo sia davvero lo stesso Landini che se la prendeva con Marchionne, perché non gli somiglia neanche un po'. Fatto sta che il comunicato delle tre sigle confederali  proclama per il 2 agosto una “giornata di lotta” (contro chi? Non si sa.), attendendo il giudizio del Tribunale del Riesame, che, se la pensa come Clini, farà un grave dietrofront. La situazione probabilmente tornerà uguale a prima. Vince il lavoro? La salute (non) ringrazia.

SALVATORE FAVENZA

Il Giornale del Sud numero 6, le collaborazioni di Dicè e Iannaccone, il sommario e "il dittatore"...


CASERTA - Un numero particolarmente ricco quello che presentiamo in questo caldo agosto. Un numero che vede per la prima volta la nuova testata e una precisazione, che si è resa necessaria dopo alcune insinuazioni poco corrette che ci permettono di sottolineare come il Giornale del Sud non riceve alcun finanziamento pubblico e dunque esce e vive del consenso dei lettori e degli incassi pubblicitari. Un numero che ritarda l’uscita rispetto al previsto per via dell’improvvisa morte del consigliere del Presidente della Repubblica Loris D’Ambrosio coinvolto nelle indagini della Procura di Palermo sui fatti del ’92 come aiuto di Nicola Mancino (ex Ministro degli Interni rinviato a giudizio con altri 11 per falsa testimonianza). Questo evento ci ha costretto, come si dice in questi casi, a “fermare le rotative” per un rapido aggiornamento. Rapido e necessario visto che questo nuovo numero de “il Giornale del Sud” si occupa in apertura proprio dell’indagine di Palermo e, in particolare, dell’atteggiamento di Giorgio Napolitano che ha utilizzato tutti i mezzi a sua disposizione per fermare la pubblicazione e anche l’uso delle intercettazioni delle telefonate sue e dei suoi collaboratori. Tutte telefonate che, a detta dei Procuratori di Palermo, dimostrerebbero la falsa testimonianza di Mancino e il suo coinvolgimento nella trattativa Stato Mafia. Napolitano, per carità, si è comportato in modo legittimo. Ha utilizzato i codici e le norme previste per tutelare sé stesso e i suoi consiglieri e non diciamo il contrario. Contestiamo il modo di fare arrogante e a senso unico. Contestiamo l’opportunità politica di intralciare una delle indagini più importanti degli ultimi 30 anni. Contestiamo il pensiero unico totalitario che si è importo in questo paese al grido del politicamente corretto. Per questo motivo usiamo, a mo’ di iperbole, il titolo dell’ultimo film di Sascha Baron Cohen per fare un bilancio dei sette anni al Quirinale di Napolitano che concluderà il mandato nella prossima primavera, salvo sorprese. Altro tema importante è quello dei fondi “scippati” al Sud a causa di una norma introdotta dalla Lega Nord e avallata dal Sottosegretario allo Sviluppo Economico, il napoletano Guido Improta, vero e proprio modello dell’ascaro che ha appoggiato la richiesta leghista che ha annullato gli effetti pro - Sud del decreto del Ministro Passera, il quale, dal canto suo, tace. Interessante l’intervista all’Ecologista tarantino Fabio Matacchiera che interviene sull’attuale tema dell’Ilva che da decenni rappresenta la dimostrazione più chiara della colonizzazione imperante al Sud. Altro tema che troverete in primo piano su questo numero è quello delle crisi aperte nel Mediterraneo, dalla imminente guerra Turchia – Siria, alle elezioni in Egitto e Libia, dalle proteste spagnole a quelle greche passando dai forconi siciliani che sono nuovamente scesi in piazza nonostante il silenzio dei media. Ma non solo questo. Con molto piacere cominciano a collaborare con il Giornale del Sud Nando Dicè, responsabile del Movimento Insorgenza Civile, e Antonio Iannaccone, del Fronte di Liberazione della Napolitania, autori di due editoriali che affiancano il nostro editorialista “storico” Michele Furci. Gli editorialisti, che ci auguriamo saranno i primi di una lunga serie per dimostrare la profonda attenzione de il Giornale del Sud verso il meridionalismo nelle sue diverse accezioni, sono affiancate dal lavoro di numerosi collaboratori che, in questo numero si occupano del Meccanismo “Salva Stati”, della Summer School organizzata dai Maestri del Lavoro (durante la quale ha giocato un ruolo attivo il Giornale del Sud), del fallito golpe tecnico in Sicilia, della proposta che vuole Pino Aprile leader di una lista meridionalista alle prossime elezioni politiche, delle discriminazioni olimpiche del Sud, del Napoli che punta sui giovani e di tante altre notizie e curiosità che, ci auguriamo, possano accompagnare un sereno agosto. Buona lettura e grazie per aver scelto la vera informazione per il Sud! 

La direzione



Vendola apre all'Udc e scarica Di Pietro. C'entrano qualcosa le inchieste pugliesi?

Vendola, Bersani e Di Pietro nell'ormai passata foto di Vasto

BARI - Il boato sembra forte. Un vero e proprio terremoto che distrugge l’unico asse della politica italiana che sembrava inossidabile e infrangibile, quello tra Antonio Di Pietro e Nichi Vendola. Invece, follia agostana, l’incanto è finito. Più che un boato però, l’apertura al centro verso Casini, più che un terremoto è un piccolo petardo, almeno per il momento. Le parole di Vendola non chiudono la questione. Da una parte c’è il rincrescimento per la rottura e dall’altro un attacco preciso a Di pietro accusato di propagandiamo populista: “A me spiace molto ma le sue continue polemiche e il suo propagandiamo rischiano di portarlo alla deriva. Di Pietro e l’Italia dei Valori hanno fatto la loro scelta, mi pare abbiano preso ormai la loro strada” ha dichiarato Vendola. Non si capisce molto bene quale sia la strada intrapresa da Di Pietro e dall’Idv visto che, fino a ieri, il leader maximo di Montenero di Bisaccia, faceva conto principalmente sul Governatore pugliese per avere una sponda sicura in vista delle elezioni del prossimo anno. Forse non sono piaciute al leader di Sinistra e Libertà le uscite “grilline” di Di Pietro o le posizioni anti-Quirinale sul caso D’Ambrosio. Le dichiarazioni di Vendola sembrano aver rotto i ponti, ma il ponte gettato verso Partito Democratico e Unione di Centro non è molto stabile. Al di là del nome che Vendola ha pensato di dare alla futuribile coalizione “Polo della Speranza” c’è ben poca speranza che le cose possano concretizzarsi. Il problema è quello programmatico che da venti anni divide il grosso dei cattolici dal fronte riformista. “Sel è disponibile a lavorare con il Partito Democratico per costruire la coalizione del futuro. Quanto all’Udc occorre essere chiari: se si è d’accordo nel superare le politiche liberiste delle destre, se si vogliono difendere i diritti sociali e l’equità sociale, se si vogliono difendere i diritti delle coppie di fatto e gay sono tutti benvenuti”. La proposta politica di Vendola difficilmente attrarrà l’Udc e molti sono i dubbi circa le vere motivazioni che hanno spinto il Governatore pugliese a sbilanciarsi verso questa mossa. A questo punto vale la pena avanzare delle ipotesi. Potrebbe darsi che Vendola si è finalmente persuaso che solo un accordo con i moderati allontanerebbe per sempre lo spauracchio di Berlusconi. Potrebbe darsi che sia semplicemente una mossa di Bersani per indurre alla ragione Di Pietro. Potrebbe trattarsi di una manovra del leader di Sel per scoraggiare Casini e riportarlo tra le braccia del Pdl (o di come si chiamerà) per facilitare una alleanza tutta di sinistra. Oppure potrebbe darsi che il nuovo asse Udc-Pd-Sel salverebbe il Governatore dai guai giudiziari in cui la magistratura pugliese ha “precipitato” Vendola, soprattutto a causa degli scandali del comparto sanitario regionale. La magistratura pugliese è molto sensibile alle opinioni dell’ala dalemiana del Pd di cui è primo interprete l’ex magistrato e Sindaco di Bari, Michele Emiliano. Chi ha dimenticato le famose scosse preannunciate da D’Alema su Rai tre a Fabio Fazio cui fece seguito, dopo poche settimane, l’inchiesta sulle escort e Berlusconi? E chi ha dimenticato che Emiliano punta dritto come un treno a sostituire Vendola sulla poltrona di Governatore della Puglia? E chi ha dimenticato che ai primi screzi tra Vendola ed Emiliano sono seguiti gli avvisi di garanzia contro la giunta regionale? Nessuno, credo. Allora una soluzione politica che riportasse Vendola in parlamento, magari al Governo con tanto di immunità e lasciasse libera la poltrona di Governatore potrebbe fare comodo a tutti. Poco importa se ci rimetterà le penne il Di Pietro alla deriva che, abbandonato anche da Beppe Grillo, vive con la minaccia della lista “arancione” di De Magistris.

FAUSTO DI LORENZO