Periodico di attualità, politica e cultura meridionalista

lunedì 16 luglio 2012

Sono 8800 i beni sequestrati alla mafia ma il problema è il loro riutilizzo


NAPOLI – “La storia ci insegna che la confisca è uno strumento vincente poiché consente di aggredire le mafie nei punti nevralgici che testimoniano il loro potere: la ricchezza e la capacità di offrire lavoro.  Rimettere nel circuito sociale e produttivo un bene che un tempo apparteneva a cosche o clan è un chiaro segnale di forza solidale nei confronti della comunità locale che è stata, a suo tempo, privata della libertà a causa della violenza criminale e che adesso può essere risarcita e ritornare alla normalità”. Così Umberto di Maggio, referente di Libera Regione Sicilia, racconta la sua esperienza nel campo della lotta alla criminalità organizzata e del riutilizzo dei beni confiscati alle mafie. Sono circa 8800 i beni confiscati nelle Regioni di Campania, Calabria e Sicilia e molteplici le associazioni che si occupano della loro gestione. Dai dati elaborati, la Sicilia è la prima regione d'Italia per numero di immobili ed aziende confiscate

Campania
Calabria
Sicilia
1821
1720
5251

Non vi è una legge univoca che tratti il riutilizzo dei beni confiscati e questa è la mancanza legislativa più seria e più grave. Dai dati elaborati infatti si evince come a seconda del luogo in cui il bene confiscato, cambia la tipologia del riutilizzo. Per quanto riguarda le Provincie siciliane parte degli appartamenti confiscati viene utilizzata per la realizzazione di alloggi da destinare ai pazienti in attesa di trapianto o già trapiantati ed ai loro familiari, la restante parte per attività rieducative e della formazione dei giovani. Così come per la Sicilia, stesso discorso vale per la Campania e la Calabria, dove le attività commerciali, e gli edifici vengono riutilizzati o dal comune di appartenenza per istallarvi reparti operativi delle forze dell'ordine o date in gestione alle associazioni. Tutte e tre le regioni sono accomunate dall'elevato numero di proprietà agricole confiscate: In Sicilia ad esempio, numerose associazioni hanno contribuito a rilanciare le terre non solo attraverso il riutilizzo, ma proprio anche con dei percorsi sociali: “E' il caso delle diverse cooperative sociali agricole nate nel corleonese ed afferenti al progetto Libera Terra che da più di 10 anni costituiscono un'importante realtà produttiva del territorio - spiega Di Maggio -  Il successo di tali imprese sociali si misura sopratutto nella capacità di coinvolgere i produttori del luogo che, rispecchiandosi nei contenuti del disciplinare di produzione, promuovono solidalmente percorsi etici di gestione d'impresa. Tali percorsi consentono di lanciare chiari segnali alla collettività nella direzione della legalità e dello sviluppo partecipato tant'è che sono sempre crescenti le richieste di lavoro e di partecipazione alle attività delle stesse cooperative”. Anche in Campania vi sono numerosi esempi di riutilizzo dei terreni agricoli: famosa ormai se non in tutto il mondo, sicuramente in Italia la “mozzarella della legalità” o il “pacco alla camorra” che sono tutti alimenti prodotti su questo tipo di terreni. Grazie al lavoro costante delle varie associazioni, oggi è possibile vedere con molta soddisfazione come molti beni confiscati siano stati trasformati in luoghi di aggregazioni compresi esercizi commerciali e centri per il recupero di tossici e molto altro ancora. Insomma da luogo di barbarie e spesso di sangue, oggi si assiste ad una vera e propria evoluzione fino al risultato oggi ottenuto. Questo risultato brillante, tuttavia, non sempre è stato ottenuto con tanta facilità come si può pensare. A compromettere o meglio, a rallentare il lavoro dei volontari, si sono messi sia la stessa criminalità organizzata (ansiosa di recuperare i beni sequestrati o interessati soltanto a distruggere le attività sociali create) che anche, sfortunatamente, gli enti pubblici con una opprimente burocrazia. Come ormai ben noto a tutti coloro i quali si occupano di questo settore, i beni, una volta confiscati, vengono bruciati. Gli operatori si trovano così difronte a muri neri, senza illuminazione, finestre rotte. La sola forza di volontà, il coraggio che da sempre li accompagna e li contraddistingue, fa sì che questi possano renderli agibili e pronti per il riuso sociale e quindi per ridarlo alla cittadinanza. I referenti regionali di Libera – Geppino Fiorenza per la Campania, Umberto Di Maggio per la Sicilia - hanno evidenziato come uno dei problemi che più affligge la confisca dei beni è quello delle ipoteche bancarie. “In molti casi con troppa facilità sono stati concessi dalle banche mutui a persone legate direttamente o indirettamente ai clan. Molto spesso non sono state adottate le necessarie misure di controllo” spiega Fiorenza.
Uno dei maggiori problemi che più colpisce le associazioni del ripristino e recupero dei beni è l'assegnazione del bene. Questo tema trattato ampiamente dalle varie trasmissioni tv dopo la proposta del ministro Cancellieri, la quale preponeva la vendita dei beni confiscati. Molti sono i contrari alla vendita del bene: il delegato di Libero per la Campania ci spiega che la sua contrarietà deriva dalla possibilità della riacquisizione del beni degli stessi mafiosi tramite prestanome. Aggiunge però che “In alcuni casi, come per le aziende, la vendita è anche possibile con tutte le garanzie del caso, ma deve essere solo una soluzione residuale e non può essere generalizzata”. Una  spiegazione non del tutto diversa ce la fornisce invece il dott. Di Maggio il quale dice che “Tralasciando i palesi rischi di riacquisizione delle strutture da parte dei vecchi proprietari, l'idea della dismissione testimonia, forse, l'arrendevolezza dello Stato nei confronti delle Mafie e l'idea che piuttosto che programmare e ragionare sul futuro ci si accontenta di fare cassa nell'immediato”. in ogni caso la massima trasparenza e l'assegnazione con bando pubblico risulta essere il modo migliore per risolvere almeno in parte il problema.
Questo grande lavoro viene coordinato dall'agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, che da sempre fornisce supporto economico e organizzativo alle associazioni. Come tutto, anche il lavoro dell'Agenzia nazionale dei beni può essere migliorato. L'esempio più eclatante è proprio il fatto che nonostante vengano confiscati alle mafie milioni e milioni di euro, il Fug, fondo unico di giustizia, che dovrebbe destinare a giustizia e interno i beni liquidi confiscati, di fatto non da’ garanzie di efficienza e trasparenza.

LUCA MANDARINO
ANTONIO SQUILLINO
FABRIZIO ARNONE


Nessun commento:

Posta un commento