Periodico di attualità, politica e cultura meridionalista

martedì 20 dicembre 2011

Quando la crisi porta alla morte, tutti pazzi per lo Stato

Flavia Schiavon, figlia dell'imprenditore Giovanni.

NAPOLI – Morte. La crisi è anche questo. La crisi che tutti spaventa e che squaglia i poteri forti ed altera le menti deboli. La crisi che ci hanno voluto far subire a causa dei loro maledetti derivati, dei loro stupidi leasing, i mutui subprime, le politiche senza senso, le tasse, i balzelli e le costrizioni. Tutto questo distrugge. L’ultimo caso parla chiaro. Padova. Nord Est, avanzato e proiettato nella regione danubiano balcanica e mitteleuropea. La terra delle partite iva, dei piccoli e medi imprenditori. A Padova viveva e lavorava Giovanni Schiavon, imprenditore di 59 anni titolare della Eurostrade 90. La sua storia è la storia di tanti. Una storia in cui ognuno può ritrovare un pezzo di sé. Una storia che ha una immagine finale, quella della figlia Flavia tra le lacrime dopo aver appreso della morte del padre. Una immagine che colpisce. La colpa di questa morte è la crisi. Un fornitore non ti paga: “C’è la crisi, pazienza un altro mese”. Un altro nicchia: “Sai che sono tempi neri, non ti posso saldare tutto subito”. Il terzo avanza: “Questo è quanto, non ci sono soldi”. Ma intanto le spese e le tasse restano. La merce va prodotta e consegnata. I dipendenti vanno pagati. E si entra nel tunnel. Crediti non riscossi e spese autentiche. I risparmi si consumano e i crediti si sommano fino a quando i debiti non sono sempre di più. Alla fine la spirale trova la sua chiusura drammatica. Senza via d’uscita, come un topo su una nave che affonda nel cuore del mare. E’ Giovanni Schiavon l’ultimo di una serie, fortunatamente ancora breve, di eroi moderni, vittime della modernità della finanza e dell’economia che con le sue leggi contro natura calpesta diritti e uomini. Come il 31enne Candido Filomena di Latiano (BR), che si è ucciso con una calibro 7.56 dopo aver scritto ultime parole per la famiglia e per il socio con cui condivideva la proprietà e la gestione di una sala da gioco sempre più vuota. La crisi ammazza a tutte le età e in ogni luogo, nord e sud indistintamente. La storia di Schiavon è simile a quella di Giancarlo Perin, 52 anni, una moglie e due figli, a capo di una delle imprese edili storiche di Padova che si è tolto la vita il 26 novembre. Poche ore prima di morire aveva confidati a parenti e amici di essere preoccupato per non essere più in grado di dare un futuro ai suoi dipendenti. Il 12 novembre, profondo Sud, un metalmeccanico di Salemi ha scelto uno dei modi più brutti di morire. Nella sua officina ha preso una corda e se l’è stretta al collo. Debiti e lavoro fermo alla base del gesto. La moglie ha trovato il corpo del 45enne consorte. Depressione per crisi, questo lo spettro che si aggira per l’Italia. Il 23 novembre una ragazza rom di 21 anni che cercava di integrarsi nel tessuto sociale di Rho (MI) e che aveva dato prova di voler rinunciare alla sua vita da nomade collaborando attivamente con la Caritas, si è impiccata in un casolare abbandonato alle porte di Monza. Anche qui, crisi e depressione. Ancora in Veneto, a Zelarino (VE) il 21 settembre, un imprenditore di 47 anni si è impiccato nella sua carrozzeria. Appariva stanco mentalmente, non sapeva come rialzare la testa di fronte al passivo che aumentava sempre di più e ha scelto di non vivere più. A Collegno (TO) un anziano di 85 anni di fronte ad un black out che crede dovuto al ritardo di pagamento della bolletta della luce si barrica in casa e dal balcone apre il fuoco verso la strada minacciando i passanti. Dopo tre ore di trattative con la Polizia uccide la moglie e si suicida. Il black out era dovuto ad un guasto nel quadro elettrico del palazzo ma la disperazione era tutta sua. Il 30 giugno è il 30enne di Ragusa Paolo Cannì commesso licenziato poche settimane prima in difficoltà nella ricerca di una nuova occupazione. Una corda e addio a moglie e figlio di tre anni. Il viaggio a ritroso arriva al 17 marzo quando a Roma si sono celebrati i 150 anni dell’Unità d’Italia. Visita di Napolitano all’Altare della Patria e poche ore dopo un senzatetto si lancia dalla terrazza del monumento. Non resisteva più ad una vita senza meta. La ricerca delle vittime della crisi continua. Ancora alle porte di Milano, a Rho, Nada, giovane ex prostituta uscita dal giro infernale della schiavitù grazie all’aiuto degli assistenti sociali non riesce a vivere di sola buona volontà e lavoro non se ne trova. Torna in strada ma è solo la premessa per la fine. Si suicida anche lei commuovendo tutta la città. Ancora di più i tentativi di suicidio. La televisione glissa. I giornali di regime tacciono. Tutti invitano all’ottimismo. Morto per crisi. Non va bene. Era depresso servono le cure psichiatriche. Così la disperazione diventa follia. Tutto può succedere in Italia.

Paolo Blini

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